2000, The Perfect Element proietta Daniel Gildenlow e il suo gruppo, i Pain of Salvation, nell’olimpo dei grandi che hanno saputo creare dischi che siano al contempo originali, senza suonare come una copia sbiadita di qualcun'altro. Dire che in questo concept album si possono trovare il prog anni settanta e i Rush, miscelati con il crossover dei Faith No More e gli spigoli del new metal, è assolutamente esatto ma, al contempo, estremamente riduttivo. Ciò che arriva immediatamente è la capacità di questi ragazzi Svedesi di trasmettere emozioni; rabbia, amore, odio, disperazione, dolcezza e malinconia trovano una loro dimensione naturale e convivono perfettamente all’interno delle trame musicali che si snodano nelle 12 tracce che compongono il concept. Chitarre taglienti vengono affiancate da epiche tastiere su ritmi complessi, stacchi spagnoleggianti e intensi assoli si agganciano a momenti più riflessivi, su tutto la voce duttile e evocativa di Daniel. C’è spazio anche per un grande omaggio ai Pink Floyd in un lungo assolo di chitarra, che tanto ricorda quel Shine On You Crazy Diamond, e che prepara l’atmosfera per il gran finale affidato alla titletrack . Anche i neofiti del metal non avranno difficoltà ad apprezzare un disco che riesce con la sua intensità a toccare le corde dell’anima facendo vibrare e trepidare anche l’ascoltatore con meno esperienza. Solo i grandi hanno il potere e le capacità di lasciare delle testimonianze tanto sopraffine della propria arte; fortunatamente i Pain of Salvation appartengono a quella categoria e The Perfect Element ne è la prova.
Andrea
Nessun commento:
Posta un commento